Nella sessione di ieri i prezzi del petrolio hanno subito una vera e propria debacle imputabile ai timori relativi al costante indebolirsi della domanda ed alle dichiarazioni in arrivo da Gerusalemme, che riportano come il governo israeliano abbia assicurato di non inserire tra gli obiettivi di un arranco che sembra ormai prossimo le infrastrutture petrolifere dell’Iran che, lo ricordiamo, ha attaccato poche settimane fa lo stato ebraico; le dichiarazioni del governo israeliano di fatto smorzano i timori relativi ad una possibile carenza di fornitura.
Nel momento in cui queste righe son scritte il petrolio WTI lascia sul parterre oltre il 5% e si attesta a quota 69,98 dollari per barile (dati aggiornati a martedì 15 ottobre alle ore 17.25).
Grafico Tradingview
Il calo settimanale si attesta a circa 5 dollari per barile, un movimento di prezzo che annulla i guadagni registrati in precedenza, quando un attacco al settore petrolifero iraniano sembrava essere più che plausibile.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto agli Stati Uniti che Israele è disposto a colpire obiettivi militari iraniani e non nucleari o petroliferi, ha riferito il Washington Post nella tarda serata di lunedì, proprio mentre le attività militari dello stato ebraico atte a contrastare i terroristi di hezbollah in Libano andavano via via intensificandosi.
"L'indebolimento della domanda ha portato i trader a ritirare il 'premio di guerra' dai prezzi - ha affermato Priyanka Sachdeva, analista di mercato senior presso Phillip Nova - Tuttavia, la geopolitica continua a sostenere il petrolio a questo livello. Senza la geopolitica nell'equazione, il petrolio sarebbe crollato ancora di più … a causa dei timori relativi alla domanda”.
Sia l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio che l'Agenzia internazionale per l'energia questa settimana hanno tagliato le loro previsioni di crescita della domanda globale di petrolio nel 2024, con la Cina che rappresenta la maggior parte dei declassamenti.
Fonte Reuters