Nella giornata di ieri le chiusure dei giacimenti di petrolio della Libia si sono estese, con il sito di Sarir che ha praticamente azzerato la produzione in un contesto che vede le forze in campo lottare per ottenere il controllo della banca centrale e delle entrate derivanti dall’oro nero.
Le autorità nell'est, dove si trovano la maggior parte dei giacimenti petroliferi della Libia, hanno dichiarato lunedì che tutta la produzione e le esportazioni sarebbero state interrotte e si tratta di volumi ingenti, in quanto il solo giacimento di Sarir, prima dei disordini, vantava una produzione di circa 209.000 barili giornalieri.
La forza maggiore era già stata annunciata sulle esportazioni del giacimento petrolifero di Sharara (300.000 barili giornalieri) e questa settimana Reuters ha segnalato interruzioni a El Feel, Amal, Nafoora e Abu Attifel.
A luglio, la Libia, membro dell'OPEC, stava producendo circa 1,18 milioni di barili di petrolio al giorno. La mossa di chiudere la principale fonte di entrate della Libia arriva in risposta al licenziamento da parte del Consiglio di presidenza di Tripoli del capo della Banca centrale della Libia (CBL) Sadiq al-Kabir, spingendo le fazioni armate rivali a mobilitarsi.
Il primo ministro Abdulhamid al-Dbeibah, insediato tramite un processo sostenuto dalle Nazioni Unite nel 2021 e capo del Governo di unità nazionale con sede a Tripoli, ha affermato questa settimana che non si dovrebbe consentire la chiusura dei giacimenti petroliferi, mentre martedì il generale Michael Langley del Comando Africa degli Stati Uniti e l'incaricato d'affari Jeremy Berndt hanno incontrato Khalifa Haftar, il capo di una forza chiamata Esercito nazionale libico che controlla l'est e il sud del paese: “Gli Stati Uniti esortano tutte le parti in causa ad impegnarsi in un dialogo costruttivo con l’assistenza della Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia e della comunità internazionale”, ha recentemente affermato l’ambasciata degli Stati Uniti in Libia.
Fonte Reuters