Con una chiusura di sessione a 61 dollari per barile dopo un minimo intraday a 58,95 dollari, il prezzo del petrolio WTI si attesta ai livelli più bassi degli ultimi quattro anni, con gli investitori intimoriti dal possibile innescarsi di una recessione globale a seguito dei dazi commerciali imposti dall’amministrazione Trump; nella passata ottava le quotazioni del greggio hanno lasciato sul parterre circa l’11%.

Grafico Tradingview
La sessione, come evidenzia l’ampia escursione di prezzo citata appena sopra, è stata contraddistinta da elevata volatilità sin dalle prime battute e tale volatilità è aumentata in corrispondenza delle notizie, rivelatesi subito infondate, relative ad una pausa di 90 giorni nell’applicazione dei dazi da parte del governo USA: tale notizia ha riportato le quotazioni del barile in territorio positivo ma, al contrario, la smentita in arrivo dalla Casa Bianca ha collocato nuovamente i prezzi in rosso altrettanto rapidamente.
Confermando i timori degli investitori che sia iniziata una vera e propria guerra commerciale globale, la Cina, la seconda economia più grande al mondo dopo gli Stati Uniti, ha dichiarato venerdì che avrebbe imposto imposte aggiuntive del 34% sui beni americani in rappresaglia per le ultime tariffe di Trump, una dichiarazione alla quale gli USA hanno risposto affermando che gli Stati Uniti avrebbero imposto un'ulteriore tariffa del 50% alla Cina se Pechino non avesse ritirato le sue tariffe di ritorsione sugli Stati Uniti.
Nel frattempo, la Commissione europea ha proposto lunedì contro-tariffe del 25% su una gamma di beni statunitensi in risposta alle tariffe del presidente Donald Trump su acciaio e alluminio, come mostrato da un documento visionato da Reuters.
Goldman Sachs ha previsto una probabilità del 45% di recessione negli Stati Uniti nei prossimi 12 mesi e ha apportato revisioni al ribasso alle sue proiezioni sul prezzo del petrolio. Anche Citi e Morgan Stanley hanno tagliato le loro prospettive sul Brent. JPMorgan ha affermato di vedere una probabilità del 60% di recessione negli Stati Uniti e a livello globale.
Oltre alle crescenti preoccupazioni per la recessione, vi sono significativi timori in relazione ad un possibile aumento del costo dei beni derivante dall’operato di Donald Trump.
La governatrice della Federal Reserve statunitense Adriana Kugler ha affermato che parte del recente aumento dell'inflazione di beni e servizi di mercato potrebbe essere "anticipatore" dell'effetto delle politiche dell'amministrazione Trump, aggiungendo che è una priorità per la Fed tenere sotto controllo l’inflazione.
LaFed e altre banche centrali utilizzano tassi di interesse più elevati per combattere l’inflazione, tuttavia, tassi di interesse più elevati aumentano i costi di prestito dei consumatori e potrebbero causare una diminuzione della crescita economica e della domanda di petrolio.
La reazione dei fornitori
Domenica l'Arabia Saudita ha annunciato bruschi tagli ai prezzi del petrolio greggio per gli acquirenti asiatici, abbassando il prezzo a maggio al livello più basso in quattro mesi: "È una dimostrazione della convinzione che i dazi danneggeranno la domanda di petrolio - ha affermato l'analista di PVM Tamas Varga - questo dimostra che i sauditi si aspettano che l'equilibrio tra domanda e offerta venga influenzato e sono costretti a tagliare i loro prezzi di vendita ufficiali”.
La OPEC+, inoltre, ha deciso di avanzare piani per aumentare la produzione. Il gruppo ora punta a riportare sul mercato 411.000 barili al giorno a maggio, rispetto ai 135.000 barili al giorno precedentemente pianificati.
Fonte Reuters