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Petrolio in aumento con i timori sulla fornitura, ma i dazi frenano gli acquisto



La Redazione Articolo pubblicato il 12/02/2025 09:00:00
"Con gli Stati Uniti che incidono sulle esportazioni iraniane e le sanzioni che ancora incidono sui flussi russi, i gradi del greggio asiatico rimangono fermi e sostengono il rally di ieri", ha affermato l'analista petrolifero di PVM John Evans


Nella sessione di ieri i prezzi del petrolio si sono mossi per la terza sessione consecutiva in rialzo, con gli operatori di settore intimoriti dal possibile calo della fornitura di greggio in arrivo da Russia ed Iran,  un elemento che ha allentato la pressione ribassista derivante dal possibile incremento dell’inflazione e dal rallentare della crescita economica globale indotti dalla politica commerciale di Donald Trump.

Nel momento in cui queste righe sono scritte il prezzo del petrolio WTI si attesta a quota 73,2 dollari al barile in crescita dell’1,2% (dati aggiornati all’11 febbraio 2025 alle ore 18.55).




Grafico Tradingview

"Con gli Stati Uniti che incidono sulle esportazioni iraniane e le sanzioni che ancora incidono sui flussi russi, i gradi del greggio asiatico rimangono fermi e sostengono il rally di ieri", ha affermato l'analista petrolifero di PVM John Evans. Le spedizioni di petrolio russo ai principali importatori Cina e India sono state notevolmente interrotte nelle ultime settimane dalle sanzioni statunitensi che hanno preso di mira petroliere, produttori e assicuratori.

La Russia, tuttavia, ha affermato che le sanzioni statunitensi non dovrebbero influenzare il commercio di petrolio di Mosca con l'India, il terzo importatore mondiale di petrolio greggio.

Ad aumentare il nervosismo per l'offerta ci sono le sanzioni statunitensi sulle reti che spediscono petrolio iraniano in Cina dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ripristinato la sua "massima pressione" sulle esportazioni di petrolio iraniano la scorsa settimana.

L’aumento dei prezzi del petrolio è stato limitato dalla politica commerciale di Trump basata sui dazi, con questi ultimi che potrebbero frenare la richiesta di energia; nella giornata di lunedì il presidente degli Stati Uniti ha aumentato al 25% i dazi sulle importazioni negli USA du acciaio ed alluminio.

L'Unione Europea ha affermato che avrebbe risposto con "contromisure ferme e proporzionate", aumentando i timori di una guerra commerciale.  

“I dazi e le risposte agli stessi hanno la capacità di pesare sulla parte fondamentale dell’economia globale riguardante il petrolio creando incertezza sulla domanda - affermano gli analisti di Morgan Stanley - tuttavia, pensiamo che questo contesto probabilmente porterà anche l'OPEC+ ad estendere di nuovo le attuali quote di produzione”.

La OPEC+, a questo proposito, ha affermato di essere intenzionata a mantenere la strategia attuale che prevede un graduale aumento della produzione di greggio a partire dal mese di aprile.

La fornitura di greggio dell'Arabia Saudita alla Cina è destinata a scendere a marzo rispetto al mese precedente, hanno affermato fonti commerciali, dopo che il regno ha aumentato i prezzi al massimo in più di due anni.

Negli Stati Uniti, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha detto martedì al Comitato bancario del Senato che la Fed non aveva fretta di ridurre nuovamente i tassi di interesse viste la complessiva forza dell’economia, la disoccupazione contenute ed un’inflazione al di sopra del target attualmente fissato al 2% (la maggior parte degli economisti in un sondaggio Reuters prevede che la Fed aspetterà fino al trimestre successivo prima di tagliare di nuovo i tassi di interesse).

La società di consulenza energetica Ritterbusch and Associates ha affermato che i dazi riducono la possibilità di un taglio dei tassi a breve termine in quanto favoriscono un incremento dell’inflazione.


Fonte Reuters


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