Le previsioni degli analisti si sono rivelate veritiere, con il prezzo del petrolio che ha terminato la sessione di ieri in forte calo dopo che la reazione di Israele ai ripetuti attacchi del regime di Teheran non ha interessato siti nucleari ed infrastrutture petrolifere: nel dettaglio, il WTI ha terminato la sessione di ieri in calo di oltre il 6% a quota 67,38 dollari per barile.
Grafico Tradingview
“Questo, ovviamente, è l’esempio perfetto di un mercato guidato dalle news - spiega Phil Flynn, analista senior presso Price Futures Group - ma abbiamo ancora un elevato rischio geopolitico”.
La scorsa settimana, i benchmark hanno guadagnato il 4% in scambi volatili sull'incertezza sulle imminenti elezioni statunitensi e sulla portata della risposta prevista di Israele all'attacco missilistico iraniano del 1° ottobre e precedenti: sabato, circa un centinaio di aerei da guerra della IAF hanno portato a termine tre ondate di attacchi prima dell'alba contro fabbriche di missili e altri siti vicino a Teheran e nell'Iran occidentale; gli attacchi sono stati chirurgicamente condotti in modo da colpire esclusivamente target militari, ragion per cui si sono allontanati i timori di una possibile carenza di fornitura.
Citi ha abbassato il suo obiettivo di prezzo del Brent per i prossimi tre mesi a 70 dollari al barile dai precedenti 74, tenendo conto di un premio di rischio inferiore nel breve termine, hanno affermato gli analisti guidati da Max Layton in una nota.
La OPEC+ ha mantenuto invariata la politica di produzione di petrolio il mese scorso, incluso un piano per iniziare ad aumentare la produzione da dicembre.
Tudor, Pickering Holt ha affermato che, nel prossimo anno, il WTI potrebbe passare di mano a prezzi decisamente inferiori a quelli attuali, ovvero circa 65 dollari per barile nel corso del 2025 in assenza di una recrudescenza del conflitto.
Fonte Reuters